L’integrazione delle attività svolte dall’Organismo di ricerca Benecon SCaRL (Centro Regionale di Competenza sui Beni Culturali, Ambiente ed Economia) e dalle Aziende coinvolte nel programma permettono la realizzazione di piattaforme innovative e il raggiungimento di innovazioni di prodotto/servizio/processo applicabili al settore dei beni culturali e del turismo.

Le dimensioni geometriche e radiometriche dal Territorio all’Architettura nell’area STS “Miglio d’Oro, Torrese-Stabiese e Pompei”. Risultati preliminari della ricerca.

Autori: Argenziano Pasquale, Avella Alessandra 

Tutor: Prof. Carmine Gambardella

La presente ricerca implementa la lettura multidimensionale del territorio di interesse del Progetto CAMPUS Pompei con le elaborazioni dei dati di radioattività naturale e antropica in ambito urbano e suburbano acquisiti attraverso campionature dirette. Il tema della radioattività nel territorio pedemontano del Vesuvio è ad evidenza di particolare interesse per la coesistenza di fattori naturali ed antropici quali la varietà litologica dell’area, la densità urbana ed abitativa nonché l’elevata vocazione turistica dei vari poli culturali che attraggono quotidianamente un notevole flusso di visitatori. Quest’ultimo punto collima le ragioni ideative della ricerca con le finalità del progetto Campus.

Dallo specifico delle Scienze della Terra, il tema interessa le Scienze dell’Architettura e più nello specifico la Geochimica Ambientale per le prime, ed il Rilievo digitale integrato multiscalare dal territorio al manufatto edilizio per le seconde. La Geochimica Ambientale si occupa principalmente della caratterizzazione delle unità geologiche e delle loro componenti di matrice ambientali (contaminate e non) come sedimenti, suolo, acqua e aria a scala regionale ed a scala locale (a livello di sito), attraverso l’osservazione della loro evoluzione geografica e cronologica, oltre che attraverso le analisi della distribuzione e del comportamento degli elementi chimici e dei loro diversi isotopi. La determinazione dei composti organici e la radioattività naturale, in particolare, sono l’oggetto delle misure per la caratterizzazione on-site e off-site.Il Rilievo digitale integrato invece indaga le integrazioni e le interazioni critiche dei dati nelle varie grandezze fisiche caratteristiche dell’Ambiente naturale e costruito, acquisite con tecnologie digitali d’avanguardia ed elaborate in modelli tridimensionali per la restituzione geometrica, morfologica, tematica del territorio, della città e dell’architettura. La multiscalarità dell’analisi critica dei dati radiometrici investe così la disciplina della Geometria dal suo significato etimologico alle più recenti declinazioni tecnologiche in ambito architettonico. Dal GIS e la cartografia digitale per la regia complessiva del progetto, la ricerca apre all’uso delle applicazioni di geo-logistica su smartphone per le acquisizioni in campo ed ancora dalle consolidate argomentazioni del Disegno e del Rilievo della città e dell’architettura, gli sviluppi della ricerca si indirizzano verso i più innovativi sistemi di catalogazione tipo-morfologica dei modelli tridimensionali.

L’approccio digitale integrato al rilievo ed alla modellazione geometrica dei manufatti archeologici. Il caso studio della ‘Torre di Mercurio’ nel sito archeologico di Pompei.

Alessandra Avella, Pasquale Argenziano

Le presenti note focalizzano l’attenzione sul rilievo digitale integrato tridimensionale della “Torre di Mercurio” nel sito archeologico di Pompei che richiede un intervento di recupero strutturale per il quale è chiusa ai visitatori degli scavi da circa quindici anni.

Questo studio è condotto nell’ambito della più ampia ricerca in corso sul territorio di Pompei dal titolo Progetto Campus Pompei “Ecoturismo urbano per la fruizione sostenibile dei Beni Culturali in Campania”. Il rilievo condotto sulla Torre di Mercurio, così come su altri manufatti archeologici con diversa stereometria all’interno degli scavi archeologici quali l’Anfiteatro e la Villa dei Misteri, offre l’occasione per riflettere sull’approccio digitale integrato al rilevamento indiretto dell’Architettura e sulle diverse declinazioni metodologiche della modellazione tridimensionale.

In particolare, la Torre di Mercurio è stata sottoposta ad un programma di rilievo teso alla caratterizzazione geometrica e morfologica del manufatto per la creazione di un modello digitale tridimensionale di supporto a tutte le possibili analisi specialistiche da eseguire sul monumento per la caratterizzazione strutturale, conservativa e fruitiva dell’Architettura. Le presenti note, pertanto, descrivono una campagna di rilevamento digitale integrato che pone le sue basi su un approccio metodologico che non si limita alla mera restituzione geometrica dell’Architettura: le dimensioni metriche e visibili, infatti, vengono integrate con le acquisizioni che arricchiscono la diagnostica dell’architettura – dalla spettrofotometria o termografia per le analisi delle superfici alle misurazioni soniche ed ultrasoniche per le indagini sulle murature – al fine di orientare le possibili ipotesi progettuali e di recupero.

L’approccio digitale integrato al rilievo ed alla modellazione geometrica dei manufatti archeologici. Il caso studio dell’Anfiteatro nel sito archeologico di Pompei.

Nicola Pisacane, Pasquale Argenziano, Alessandra Avella

Dal progetto di ricerca sulla città di Pompei e il suo hinterland, coordinato dal prof Carmine Gambardella, le presenti note sono incentrate sulle procedure di rilievo digitale integrato dell’Anfiteatro classico nella città archeologica.

Riprendendo il più complesso protocollo scientifico del progetto, gli studi sulla città contemporanea e sull’area archeologica, ovvero sugli edifici che punteggiano le due aree, non si limitano alla mera restituzione geometrica dei dati circoscritti al singolo manufatto bensì spaziano verso le declinazioni tematiche multi-disciplinari e cross-disciplinari. L’interazione e l’integrazione di più competenze disciplinari su un caso studio, può però avvenire in modo ottimizzato se e solo se sono condivise le sue conoscenze geometriche e morfologiche, che peraltro agevolano e chiariscono la conoscenza completa di manufatti architettonici particolarmente complessi e stratificati, come quelli di pregio archeologico. La fase di rilevamento geometrico resta un passaggio cardine della ricerca scientifica nell’ambito dei Beni Culturali, e l’attività scientifica del rilievo alle soglie del terzo millennio non può prescindere dall’utilizzo ottimizzato ed integrato degli strumenti digitali più avanzati nel settore, teso alla restituzione dei dati geometrici (e non) quanto più esaustivi possibile.

Il rilievo digitale integrato della dimensione geometrica dell’Anfiteatro di Pompei – eseguito nella primavera del 2015 – ha almeno due aspetti di singolarità tali da meritare specifica trattazione: l’imponente dimensione e la particolare morfologia dell’edificio coniugate al tempo limitato concesso per le attività di rilievo in sito. L’equipe di rilievo ha pertanto redatto un progetto di rilevamento speditivo, massimizzando l’uso della tecnologia digitale e cercando di minimizzare l’eventualità di errori durante le acquisizioni.

Il Rilievo digitale dell’Anfiteatro ha integrato quattro diverse acquisizioni: scansione laser 3D, rilievo topografico tradizionale e GPS, mappatura fotografica ad alta risoluzione e tecniche di fotogrammetria digitale.

TRADE ROUTES AND COMMERCIAL PRODUCTS OF ROMAN POMPEII

 

TRADE ROUTES AND COMMERCIAL PRODUCTS OF ROMAN POMPEII

ACROSS THE MEDITERRANEAN AND DISTANT LANDS

Contrattista: Dott.ssa Bükra Kalayci

Tutor: Prof. Carmine Gambardella

In the framework of the research-project elaborated by Carmine Gambardella and published in the Atlante di Pompei (2012), this review focus on commercial products and trade routes connected with Pompeii, as an important temporal reference for Roman World (1).  Distribution of commercial products within Roman Pompeii is determined as main focus area to investigate. With that aim, export and import actvities of ancient merchants, particularly of Pompeian traders’ are investigated through an explanatory list of commercial products. This research paper employs; the Periplus of the Erytheranean Sea, Pliny the Elder’s Encyclopedia Natural History and elemental analyses of some of the archeological researches to establish possible ancient trade route followed by merchants. The research set light to the nature of Italian trade and consumerism habits in the 2nd century B.C.– A.D. 79.

INTRODUCTION

Pompeii and Herculaneum are located in Italian region of Campania. Two of the ancient towns were buried under the ash by explosion of the Mount Vesuvius in A.D. 79. The cities have been virtually very well preserved in the layer of volcanic ash and stayed untouched until their rediscovery in the 18th century. Their excellent preservation gives archeological researchers a rare opportunity for a deeper understanding of their inhabitants’ social, political and economic lives. Findings in Pompeii, Herculaneum, and the surrounding region have provided researchers a myriad of information not only about Campania region but also about the life in the early Roman Empire (2).

Serra d’Arte fotovoltaica per l’area di Pompei

Titolo dell’incarico: Attività di analisi energetica del patrimonio storico urbano e dei consumi energetici connessi ai flussi turistici

Contrattista: Ph.D. Ing. Michelangelo Scorpio

Tutor: Prof. Ing. Sergio Sibilio

Prof. Ing. Antonio Rosato

 

1.            Il sistema serra

Obiettivo principale della serra è filtrare ed utilizzare la radiazione solare attraverso il comportamento selettivo di materiali trasparenti. Essa non è solamente una protezione dal clima e dalle avversità climatiche, ma è un vero e proprio collettore solare capace di ottimizzare gli apporti di luce e calore. Tale capacità di utilizzare l’energia solare dipende dalle caratteristiche del luogo in cui viene realizzata la struttura, dalle caratteristiche climatiche e microclimatiche della zona; caratteristiche che influenzano fortemente anche le specie coltivabili.

Per comprendere il funzionamento della serra è necessario individuare i flussi energetici che influenzano il bilancio di energia sul “sistema serra” ed in particolare definire le caratteristiche ed il comportamento dei materiali opachi e trasparenti utilizzati rispetto alla radiazione solare ed alla radiazione termica nel campo dell’infrarosso.

L’atmosfera terrestre altera lo spettro delle radiazioni elettromagnetiche emesse dal Sole, ed ognuno dei vari strati di cui è composta è responsabile dell’assorbimento di radiazioni di una specifica lunghezza d’onda: vengono assorbite quasi tutte le radiazioni con lunghezza d’onda inferiori a 300 nm, quelle con lunghezza d’onda comprese tra 900 nm e qualche millimetro e, infine, quelle di lunghezza superiore ad una cinquantina di metri.

Di contro, le radiazioni con lunghezza d’onda compresa tra 300 nm e 900 nm e maggiore di circa cinquanta metri, dette, rispettivamente, finestra ottica e finestra radioastronomica, rimangono pressoché inalterate.La radiazione solare che giunge fino al suolo della Terra è generalmente divisa in due componenti: luce diretta (la porzione di radiazione che emessa dal sole raggiunge direttamente la terra senza subire alcuna deviazione) e luce diffusa (la porzione di radiazione che emessa dal sole prima di raggiungere il suolo ha colpito almeno una particella dei gas atmosferici cambiando direzione). Per la radiazione solare si assume la distribuzione spettrale riportata nella Figura 1.

Definizione, sviluppo e validazione di una metodologia per la classificazione delle prestazioni energetiche degli edifici dell’area di Pompei.

Titolo dell’incarico: Attività di analisi energetica del patrimonio storico urbano e dei consumi energetici connessi ai flussi turistici

Contrattista: Ph.D. Ing. Michelangelo Scorpio

Tutor: Prof. Ing. Sergio Sibilio

Prof. Ing. Antonio Rosato

 

1.     INTRODUZIONE

La conoscenza dei reali fabbisogni energetici di un edificio e delle sue caratteristiche termofisiche rappresenta il punto di partenza per una consapevole programmazione dei possibili interventi di miglioramento in termini di efficienza energetica. Infatti essa consente di avere una visione chiara sugli aspetti critici che comportano un maggiore dispendio energetico e di quantificare i potenziali benefici conseguibili dall’adozione di diverse misure di risparmio energetico.

Passando alla scala urbana, si può notare come, anche in questo caso, la conoscenza delle caratteristiche termiche e di utilizzo del singolo edificio rappresenti un’informazione fondamentale per definire il loro fabbisogno energetico e per una loro classificazione in termini di prestazioni termiche invernali ed estive. Sulla base di tali classificazioni è quindi possibile ottenere delle Mappe Energetiche Urbane, che sono riassuntive del fabbisogno di energia primaria e rappresentano un utile strumento per mettere a punto opportuni piani di risparmio energetico e di gestione delle risorse non più a livello di singolo edificio, bensì a livello urbano, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile [1].

A tale scopo, l’attività di ricerca si è prefissa l’obiettivo di applicare e validare una metodologia semplificata per la classificazione delle prestazioni energetiche degli edifici. In questa prima fase, la metodologia sarà applicata ad un singolo edificio al fine di poterne valutare i vantaggi e gli svantaggi. Una volta validata la metodologia, essa potrà essere estesa ad un numero maggiore di edifici per avere una visione a scala urbana dei fabbisogni energetici associati a ciascun edificio.

L’edilizia rappresenta un settore di primaria importanza nell’ambito delle strategie energetiche europee e nazionali; basti pensare che, l’energia impiegata nel settore residenziale e terziario, rappresenta oltre il 40 % del consumo finale di energia della Comunità.

Profili giuridici di valorizzazione di grandi attrattori culturali: dinamiche di cooperazione istituzionale e modelli di turismo sostenibile.

Contrattista: Ph.D. Avv. Gianpiero Zinzi
Tutor: prof. Marco Calabrò

La vastità del patrimonio culturale da tutelare, la scarsità delle risorse pubbliche disponibili, i vincoli di bilancio degli Enti pubblici, sono alcuni dei motivi che hanno spinto la Pubblica Amministrazione a prestare una sempre crescente attenzione al fenomeno del partenariato pubblico-privato, ed in particolare ai temi della sponsorizzazione e delle erogazioni liberali.

Gli istituti, certamente non privi di solide radici nei dettami della Grundnorm, involgono le molteplici e diverse attività con cui i privati possono concorrere alla valorizzazione dei beni culturali, realizzando una proficua – ed oramai indispensabile – sussidiarietà orizzontale tesa alla promozione dell’arte, della cultura e della scienza, nonché alla salvaguardia, alla valorizzazione ed allo sviluppo del patrimonio artistico e culturale del Paese.

Ma – è bene sin d’ora precisarlo – la vera novità nel panorama nazionale normativo (oltreché gestionale) dei beni culturali è rappresentata dal contratto di sponsorizzazione che, al di là delle questioni tecnico-giuridiche che ancora alimenta, sembra tracciare la strada verso una nuova visione del ‘prodotto’ cultura, sempre più orientato verso una gestione manageriale e meno ‘romantica’ del patrimonio culturale.

Peraltro la sponsorizzazione, nel porre in correlazione privati finanziatori e pubbliche istituzioni, dà luogo ad un rapporto inedito per il settore dei beni culturali, volto da una parte ad assicurare promozione, tutela e valorizzazione delle opere d’arte e di cultura, dall’altra a fornire al privato finanziatore visibilità economica e pubblicitaria (oltre a considerevoli sgravi fiscali).

La tutela dei beni storici e artistici, cui la Repubblica tende – riservando precisi spazi di intervento alle varie manifestazioni della pubblica autorità che la costituiscono (art. 9 Cost.), in uno con il regime della loro valorizzazione (comma 3 art. 117 Cost.), che apre -tra l’altro- importanti spazi di intervento ai privati, trova in una pluralità di disposizioni validi strumenti operativi volti non solo ad attuarne i nobili precetti, ma anche ad incentivarne il perseguimento per il tramite di sempre nuove forme di azione.

L’architettura religiosa del distretto pompeiano: conoscenza, conservazione, valorizzazione

Collaboratore: arch. Margaret Bicco

Tutor: prof. arch. Marina D’Aprile

 

Sommario

Il patrimonio chiesastico pompeiano: pre-catalogo e conoscenza dei siti

Classificazione dei siti chiesastici: qualità, morfologie e problematiche conservative

La conoscenza per la conservazione: selezione e catalogazione dei siti

Il nuovo modello di scheda di valutazione

Chiesa del SS. Salvatore

Cappella della Madonna delle Grazie detta “La Rotonda”

Chiesa di S. Maria dell’Arco

Cappella della Madonna dell’Assunta

Chiesa del Sacro Cuore di Gesù

Chiesa di S. Maria Assunta in cielo

Chiesa di Maria SS. Immacolata Concezione

Chiesa di S. Giuseppe Sposo della Beata Vergine Maria

Proposta di itinerari turistico-culturali per la valorizzazione del patrimonio chiesastico pompeiano.

 

Fig. 1. Pompei, planimetria urbana con individuazione dei casi censiti.

 

Il patrimonio chiesastico pompeiano: pre-catalogo e conoscenza dei siti

Grazie alla propedeutica attività di pre-catalogazione, esito del primo trimestre di lavoro, si è proceduto al perfezionamento della fase d’identificazione dei manufatti, attualmente vigenti, componenti il patrimonio chiesastico del territorio. Il primo screening, delle cui qualità, finalità e modalità di attuazione si era già data contezza nei precedenti report, ha restituito un primo analitico catalogo dei valori architettonici, storici, religiosi e culturali sedimentati in ciascun episodio del comparto, insieme alla definizione delle condizioni conservative generali e d’uso specifiche di ciascun sito. Mediante l’ordinata valutazione delle connotazioni spaziali, figurali, documentali, materiche e culturali emergenti in ogni contesto del repertorio così definito si sono, dunque, selezionati i casi di maggiore significatività, destinatari della successiva definizione di indirizzi e protocolli di salvaguardia e valorizzazione, per la determinazione dei quali è stato approntato l’ulteriore necessario approfondimento della documentazione dei singoli episodi, attraverso la catalogazione delle pertinenti specificità (schedatura). La selezione di fabbriche così realizzata ha restituito le chiese e le cappelle del distretto di maggior qualità culturale rivelandone tuttavia, anche la vulnerabilità sul piano della conservazione.

La fiscalità di vantaggio per i beni culturali come strumento per il potenziamento degli interventi di manutenzione, recupero e restauro del patrimonio edilizio storico.

Il tema della “fiscalità di vantaggio per i beni culturali” richiede una necessaria breve premessa di ordine terminologico, al fine di definire il concetto stesso di fiscalità di vantaggio impiegato nel prosieguo del lavoro.
L’espressione “fiscalità di vantaggio” è divenuta di uso frequente nei diversi contesti del cd. federalismo fiscale nonché, con precipuo riguardo all’ordinamento comunitario, delle misure fiscali favorevoli adottate in un determinato territorio e tali da poter incorrere nel divieto comunitario di aiuti di Stato (1).
Anche rispetto a tali assetti ordinamentali, tuttavia, è stato precisato come non esista una nozione giuridicamente rilevante di fiscalità di vantaggio (2), la quale si presta, per contro, a ricomprendere ogni misura agevolativa, derogatoria rispetto alle ordinarie regole di funzionamento del tributo, che obbedisca ad un finalità (anche) extrafiscale (3).
Il termine sarà, dunque, utilizzato in maniera descrittiva e tale da ricomprendere in esso fattispecie anche strutturalmente disomogenee, identificate per comune natura di essere misure fiscali in senso lato agevolative, rispondenti alla finalità extrafiscale di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.
La tutela, costituzionalmente garantita, dei beni di interesse storico e artistico può e deve, infatti, trovare nella disciplina fiscale degli stessi, e degli interventi volti alla loro valorizzazione e salvaguardia, un potente strumento di attuazione.
E’ questa la prospettiva che orienta il presente lavoro volto, da una parte, a ricostruire la disciplina fiscale vigente, contenuta in maniera frammentaria, e per ciò solo di difficile sistematizzazione, in plurimi testi normativi, e dall’altra a sollecitare una più attenta meditazione delle esigenze di semplificazione e chiarezza che potrebbero orientare e favorire scelte di investimento in un settore cruciale della economia italiana.
Il lavoro non può che procedere dall’inquadramento costituzionale del tema della conservazione e fruizione dei beni culturali, entro il quale si deve collocare quello settoriale del modo in cui la disciplina fiscale può sostenere interventi di recupero e restauro nonché lo sviluppo di nuovi modelli gestionali dei beni culturali.
Il lavoro di ricerca si completa, tuttavia, di una prospettiva de jure condendo, atteso che da anni, in specie con le linee programmatiche dell’azione del Ministro per i Beni culturali pubblicate nel maggio 2013, si segnala la necessità di rilanciare il tema della fiscalità di vantaggio per i beni culturali nella triplice direzione di favorire il partenariato pubblico privato, anche istituzionalizzato in fondazioni; assicurare adeguata considerazione alle dimore storiche nell’ambito del riordino della disciplina del sistema del catasto; sostenere il mecenatismo e le sponsorizzazioni onde favorire la manutenzione programmata ed i restauri.
La necessità di un “rilancio” del tema della fiscalità di vantaggio, per vero, già denuncia la consapevolezza di un progressivo peggioramento, nel corso degli ultimi anni, del trattamento fiscale riservato al settore.
La ricostruzione, anche storica, della disciplina fiscale di vantaggio acquista, in tale seconda prospettiva, la funzione di evidenziare il progressivo deterioramento del trattamento fiscale dei beni culturali e di sostenere la necessità di un complessivo riordino e ripensamento.
*****
Il punto di partenza dell’indagine è costituito dalla definizione di beni culturali e dal valore costituzionale della loro tutela nonché dai capisaldi della legislazione attuativa dell’art. 9, comma 2, della Costituzione ed in specie del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.
L’obiettivo fondamentale della tutela amministrativa dei beni culturali è stato, tradizionalmente, quello della loro conservazione. Una connotazione della disciplina più remota, ed ante Costituzione, fortemente “difensiva”, come sottolineato da attenta dottrina(4), volta dunque in maniera eminente a garantire la conservazione, l’integrità e la sicurezza del bene, affinchè ne sia assicurata la pubblica fruizione e la preservazione del valore culturale.
In tale prospettiva la disciplina amministrativa dei beni culturali in funzione della loro tutela è essenzialmente volta alla conformazione della proprietà ed a porre limiti alla libertà d’uso degli stessi (5).
Proprio in ragione della pervasività della legislazione di tutela posta dalla legislazione statale è stato elaborato – nella teoria dei beni pubblici – il concetto di “proprietà divisa”, con ciò volendo alludere alla coesistenza sul bene di due diritti a struttura reale, l’uno del privato, l’altro dello Stato, che comporta la coesistenza di poteri e facoltà che reciprocamente si condizionano (6).
Al concetto di tutela, sin dalla introduzione della Carta Costituzionale, si è poi affiancato quello di “valorizzazione”, inteso come potenziamento del valore culturale del bene, anche se la sede di emersione legislativa del concetto di valorizzazione dei beni culturali è stata affatto peculiare, ossia quella del riparto di funzioni amministrative tra Stato e Regioni. L’art. 148, comma 1, lett. e) del d. Lgs. 112/1998 definiva “valorizzazione” ogni “attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni culturali e ad incrementarne la fruizione”. Così intesa la valorizzazione si esprimeva nella attività non autoritativa delle regioni, volta alla erogazione di sussidi, utilità, servizi ed incentivi alle attività di gestione dei beni culturali (cd. amministrazione di prestazione) (7).
La riforma del titolo V della Costituzione, Legge costituzionale n. 3/2001, pare aver accentuato la divaricazione tra i concetti di tutela e di valorizzazione dei beni culturali, assegnando alla potestà legislativa statale esclusiva la materia della tutela dei beni culturali, ed attribuendo alla potestà legislativa concorrente la valorizzazione dei beni culturali (art. 117, comma 2, lett. S) e 3 comma, Cost.).
La contrapposizione tra i due concetti, che presentano per contro tratti di indubbia complementarietà e profili di ineliminabile sovrapposizione, è stata variamente criticata in dottrina; nondimeno è stata in qualche misura “ricucita” dal Codice dei Beni Culturali attraverso la individuazione del concetto di fruizione e di una serie di strumenti di programmazione negoziata e di accordi interistituzionali per la gestione condivisa dei beni culturali.
Come osservato da alcuni (8), la fruizione del bene intesa come servizio pubblico di offerta del bene alla pubblica fruizione, costituisce l’obiettivo ultimo così della tutela (art. 3 del Codice) così della valorizzazione (art. 6 del Codice)
Tali preliminari indagini di matrice costituzionale ed amministrativistica, consentono di meglio comprendere la ratio delle scelte operate dal legislatore fiscale con riguardo alla tassazione dei beni culturali (sia ai fini delle imposte dirette che indirette).
La tutela dei beni culturali si esplica mediante una rigida regolamentazione di carattere giuridico amministrativo relativa all’uso, alla conservazione ed alla circolazione dei beni culturali, ed importa interventi volti non solo alla individuazione dei beni, ma anche intesa a prevenirne il degrado ed a favorirne la conservazione ed il restauro.
Ne discendono, per i privati proprietari, una serie di obblighi e di vincoli che trovano piena giustificazione nel valore del bene per la collettività, ma che si traducono in un aggravio di oneri e costi.
In particolare, sono posti a carico dei proprietari obblighi di conservazione, divieti di uso incompatibile con il carattere storico o artistico dell’edificio e, comunque, di uso pregiudizievole alla loro conservazione; gli interventi edilizi, di qualsiasi entità, devono essere preventivamente autorizzati previa valutazione della adeguatezza dei progetti proposti alla migliore salvaguardia delle caratteristiche del bene; vi sono limiti alla libera circolazione degli edifici conseguenti al riconoscimento di un diritto di prelazione dello Stato (9).
In diverse occasioni, sia la Corte di Cassazione (ex pluribus, Cass. civ., sez. trib., 16 novembre 2012, n. 20117; Cass., SS.UU., 9 marzo 2011, n. 5518) (10), che la Consulta (Corte Cost., 28 novembre 2003, n. 346), hanno sottolineato nelle loro pronunce che la disciplina fiscale di favore in questo ambito non rappresenta certo un privilegio, bensì una sorta di “equa compensazione” per i pregiudizi che il gravoso complesso di vincoli e di obblighi, previsto dalla legislazione speciale, provoca ai proprietari anche sul piano economico, incidendo conseguentemente sulla relativa capacità contributiva.
Una volta delineato il quadro ordinamentale generale entro il quale inquadrare il tema della fiscalità di vantaggio per i beni culturali, può procedersi alla analisi della disciplina fiscale vigente.

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