ECOTURISMO URBANO PER LA FRUIZIONE DEI BENI CULTURALI IN CAMPANIA
Percorso di fruizione ampliata – Casa di Polibio [Demo]
Incarico: “Attività di ricerca nel campo del design e dello sviluppo software, con particolare riferimento alle forme di comunicazione multimediale, all’Interaction Design
e alla progettazione di ambienti sensibili”.
Collaboratore: Dott. Cristian Fuschetto
Tutor: Prof. Maurizio Sibilio
Sede della ricerca: Università degli Studi di Salerno
Settore scientifico disciplinare: M-PED/04, M-EDF/01
L‘obiettivo di coniugare un modello turistico-culturale di fruizione ampliata con metodologie e criteri propri della pedagogia e della didattica sperimentale, ha trovato efficacia nella progettazione di uno strumento compensativo in grado di integrare la “conoscenza per descrizione” dei tutorial più tradizionali con forme innovative di apprendimento situato.
In particolare, in risposta alle esigenze di target trasversali di soggetti caratterizzati da deficit di natura esterocettiva, si è optato per lo sviluppo di un ambiente di apprendimento di tipo acustico-sinestetico. Nello specifico si è individuato quale luogo della progettazione prototipale di fruizione ampliata la Domus di Giulio Polibio (IX,13,1-3), già oggetto nel 2010 di un percorso multisensoriale realizzato dall’Istituto per la Diffusione delle Scienza Naturali in collaborazione con la Sezione Provinciale di Napoli dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.
La Domus (ora chiusa per lavori di restauro) gode dunque, dal punto di vista del potenziamento dell’accessibilità, di un corredo di esperienze e studi specifici tali da renderla luogo d’elezione di una nuova sperimentazione di accessibilità turistica.
Sebbene molto coinvolgente, il percorso sonoro messo a punto nel 2010 si rivela “statico” (prevede un percorso obbligato ed è basato su tecnologie “non responsive”) e quindi poco adatto al raggiungimento di una fruizione il più possibile autonoma e personalizzata del bene culturale. Lo strumento compensativo progettato dalla nostra unità di ricerca permette di superare tali criticità. Basato su tecnologie di microgeolocalizzazione di tipo responsive e arricchito di inediti effetti e tappeti acustici creati ad hoc, l’ambiente sensibile immersivo in fase di realizzazione permetterà infatti di rendere dinamica e autonoma la visita da parte degli utenti “deboli” grazie all’utilizzo di una piattaforma integrata in un’app liberamente scaricabile su smartphone o tablet in grado di rispondere a sensori (beacon) disposti nella Domus.
Caratteristiche del percorso “aumentato”
La progettazione dell’app si situa all’interno di una recente area di ricerca nel campo dell’interaction design e delle arti multimediali per tecnologie mobili incentrata sullo sviluppo di esperienze immersive e interattive di augmented aurality. Come nel caso della augmented reality, i progetti di “auralità aumentata” intendono costruire un’interazione sensoriale con lo spazio che non si sovrappone integralmente al mondo reale nel tentativo di rimpiazzarlo con un’esperienza artificiale, come invece accadeva nei progetti di virtual reality, quanto di interagire con esso integrandolo con suoni e stimoli sensoriali site specific, che entrino cioè in relazione dinamica con quanto realmente presente nello spazio e nel tempo specifici della fruizione.
Le tecnologie di geolocalizzazione e di microlocalizzazione consentono infatti, attraverso i dispositivi mobili comuni (smartphone e tablet), l’attivazione di contenuti multimediali in base alla posizione fisica nello spazio dell’utente. Nel caso della microlocalizzazione questo principio può raggiungere una precisione molto elevata, consentendo di attivare contenuti diversi anche a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro, e quindi consentendo di collegare l’attivazione di stimoli specifici – suoni nel caso di cui si sta qui discutendo – a seconda della posizione del fruitore anche in spazi molto piccoli (cosa questa che era preclusa alla tecnologia GPS). Il progetto per la Casa di Polibio si inserisce in questo solco di sperimentazioni prevedendo per l’appunto la realizzazione di un’esperienza di fruizione aumentata dello spazio mediante il ricorso al medium sonoro, nell’ottica di mettere al servizio dell’esperienza soprattutto la capacità del suono di lavorare sul livello emotivo e percettivo profondo del fruitore.
Integrata da una voce narrante, l’ambientazione acustica in cui è immerso il visitatore consente di reinterpretare il contesto – ovvero il bene archeologico – in un’esperienza di vita vissuta. Accompagnati da una descrizione “sinestetica”, storie, esperienze, manufatti e corpi riemersi dagli scavi diventano altrettanti “calchi sonori” della domus pompeiana. La fruizione turistica diventa in tale prospettiva un’esperienza di archeologia ed antropologia sonora proiettando l’utente nell’“ultimo giorno di Pompei”. Il percorso aumentato è sviluppato sotto forma di narrazione: l’utente vive le ultime ore di Pompei “ascoltando” e immedesimandosi con le persone che hanno vissuto e sono tragicamente morte sotto l’eruzione del 79. Gli archeologi hanno rinvenuto ben 13 scheletri in due stanze della domus, e si stima siano sopravvissuti all’eruzione per quasi 20 ore. Tra i corpi è stato rinvenuto anche quello di una giovane donna (16-18 anni) giunta ormai alla fine del nono mese di gravidanza. Furono probabilmente proprio le condizioni della donna incinta a spingere i Polibi a rimanere in casa, evitando una fuga disperata sotto la pioggia di polveri, cenere e lapilli che stava progressivamente sommergendo la città. L’itinerario sonoro si concentra su questa figura, che insieme a quella di altri due bimbi (sono stati rinvenuti altri due scheletri di bimbi di circa 10 anni), fa da sfondo e trama all’itinerario immersivo del visitatore.
Distribuzione dell’installazione sonora
Il tappeto sonoro che accompagnerà il visitatore nel corso della visita alla Domus evolverà insieme ai suoi spostamenti: suoni, rumori e parole “scatteranno” a seconda della sua posizione nella domus grazie a un sistema di sensori (beacon) intelligenti. Il device (telefonino, tablet, ecc) su cui sarà installata l’app dialogherà con i sensori e, al passaggio del visitatore, farà ascoltare e dunque rivivere le azioni e le emozioni proprie di quell’ambiente.
Atrio: Si odono suoni dalla strada, rumori dei lavori di ristrutturazione cui era sottoposta la domus al momento dell’eruzione. Con riferimento particolare ai ritrovamenti, in questo ambiente, di calce, intonaco, chiodi e martelli, utili probabilmente a sistemare l’edificio dopo il terremoto del 62 d.c.
Cucina: Sono stati riprodotti, sulla base dei ritrovamenti fatti nel piccolo vano, i suoni che potevano caratterizzare la cucina. Suoni del vasellame, di un mortaio, del fuoco acceso, di una piccola macina. Ma anche di cereali e di acqua versata. Poi, in particolare, due richiami significativi: la cottura di una pietanza a base di cervo ed un echeggiare di suoni caratteristici a simboleggiare le spezie provenienti dall’Africa.
Orizzonte teorico di riferimento
Il crescente interesse delle scienze cognitive e psicologiche per i fondamenti evoluzionistici del pensiero ha infatti indirizzato negli ultimi decenni gli studi filosofici e didattico-pedagogici a indagare il ruolo delle emozioni nella riflessione sulla mente e sui processi di apprendimento. È in particolare il neuroscienziato Antonio Damasio con “L’errore di Cartesio” a rovesciare in modo definitivo il tradizionale approccio “top-down” connesso allo studio delle “passioni dell’anima”, secondo cui gli stati emotivi dovrebbero essere analizzati in riferimento a ciò che li accomuna al pensare in generale, e a imporre in questo senso uno studio del mentale di tipo “bottom-up”, nel cui solco le corporeità ed emotività diventano il centro di ogni gnoseologia. Dalla filosofia alla medicina, dal diritto alla pedagogia, dall’antropologia alla psicologia, oggi tutte le discipline “umanistiche” rivendicano la centralità del corpo, e nell’ambito degli studi sulla cognizione e sull’apprendimento vanno vanno moltiplicandosi le qualifiche della mente e della cognizione quali “situate”, “embodied” o “distribuite”. In tale prospettiva non c’è da stupirsi se si arriva a riconoscere che “la maggior parte delle conoscenze, specie quelle vitali, sono espresse nella struttura stessa del corpo” il quale non è più considerato come un semplice mediatore tra il nostro cervello e la realtà esterna, ma come un’autentica «macchina della conoscenza».
Del resto, prima ancora della svolta dettata dalle “scienze dure”, anche gli umanisti più avvertiti avevano segnalato la necessità di ripensare le due dimensioni del corporeo e dello spirituale. Sulla scia di Alan Turing, tanto per fare un esempio, corpo e pensiero appaiono a Italo Calvino come grandezze commensurabili. «Il pensiero – scrive Calvino in “Cibernetica e fantasmi” – che fino a ieri ci appariva come qualcosa di fluido, evocava in noi immagini lineari come un fiume che scorre o un filo che si sdipana, oppure immagini gassose, come una specie di nuvola, tant’è vero che veniva spesso chiamato “lo spirito”, oggi tendiamo a vederlo come una serie di stati discontinui, di combinazioni di impulsi su un numero finito (un numero enorme ma finito) di organi sensori e di controllo». Il pensiero emerge dalla materia, affiora dal corpo, anzi “si fa” attraverso di esso.
Tale visione acquista in ambito pedagogico particolare rilievo circa il dibattito relativo al presunto primato della “conoscenza diretta” rispetto a quella per descrizione, dove la prima si basa sul coinvolgimento dell’apparato percettivo mentre la seconda sulla descrizione di un oggetto (per esempio un quadro) sulla base della sua descrizione. Dibattito significativamente animato soprattutto a proposito della fruizione delle opere d’arte da parte degli ipovedenti.
Molti studiosi riconoscono l’insostituibile ruolo della vista per accedere all’apparenza degli oggetti, parlando pertanto di “verbalismo”, ossia di uso di termini concettualmente vuoti di significato nell’area dell’esperienza visiva. Altri invece, basandosi sugli studi di Chomsky sul sistema innato di elaborazione sintattica, considerano il linguaggio come componente autonoma della cognizione, profilando la “conoscenza per descrizione” come compensativa dell’informazione percettiva deficitaria.
La rinnovata visione del ruolo delle emozioni nella formazione del processo cognitivo rende di fatto superata questa contrapposizione. In particolare, Michel Meulders mette in evidenza come l’opposizione netta tra “conoscenza diretta” e “conoscenza per descrizione” faccia riferimento a una concezione ingenua di percezione, secondo la quale la percezione è un atto passivo, con cui il mondo “ci entra dentro” quando apriamo gli occhi. La percezione, invece, è un processo attivo che dipende, oltre che dall’accesso sensoriale anche dai processi interni di elaborazione. Il percepire si configura come un “vedere con la mente” che mette in gioco un terzo livello di analisi, quello della rappresentazione e dell’elaborazione dell’informazione. Un altro studioso, John Kennedy, autore di innovativi esperimenti sul disegno dei ciechi, ha mostrato come l’apparenza degli oggetti non dipenda solo dalle loro proprietà sensibili (e quindi dall’apparato sensoriale principalmente deputato a coglierle, la vista), ma anche dal sistema interno di elaborazione. La cecità è spesso solo un disturbo periferico e, se la periferia del sistema visivo è impedita, non è detto sia impedito il sistema visivo di elaborazione interno. Secondo Kennedy la visione è un processo che non riguarda solo la periferia del sistema visivo. Il sistema visivo di elaborazione interno, se opportunamente stimolato con l’utilizzo dei sensi integri (tatto, ma anche suono, olfatto, descrizione “sinestetica”), può produrre rappresentazioni della realtà proprie dell’esperienza visiva. In questo senso la fruizione potenziata di un luogo da parte di un non vedente rappresenta un ambiente altrettanto potenziato di conoscenza e di apprendimento.
Il superamento di modelli dualistici basati sulla contrapposizione tra materialità del corpo e la spiritualità del pensiero permette infine di accogliere nuovi paradigmi teorici nel campo dell’apprendimento segnatamente in riferimento alle dimensioni formative ed educative offerte dal corpo e dal movimento. Nel rapporto tra educazione e movimento, infatti, secondo il modello classico di Arnold, è possibile intravedere tre dimensioni formative: la conoscenza del movimento (about the movement) che si traduce nello studio razionale e critico di vari aspetti motori, elaborati in differenti campi disciplinari; la conoscenza attraverso il movimento (through the movement) legata all’acquisizione di competenze fisiche, sociali, intellettuali e morali attraverso l’azione motoria; la conoscenza nel movimento (in the movement) che rinvia ai saperi esperenziali e informali propri dell’elaborazione durante il movimento. In tutti e tre i casi siamo di fronte a quelle che di recente sono state individuate come delle “corporeità didattiche”, nozione paticolarmente fertile in chiave euristica nella progettazione e fruizione di ambienti sensibili caratterizzati da esperienza di tipo sinesteitco-immersivo.
Cenni bibliografici
- Arneim R., Art and Visual Perception, University of California Press, Berkeley and Los Angeles 1954.
- Bellini A., Toccare l’arte. L’educazione estetica di ipovedenti e non vedenti, Armando, Roma 2000, pp. 51-98.
- Calvani A., Costruttivismo, progettazione didattica e tecnologie, in D. Bramanti (a cura di) Progettazione formativa e valutazione, Carocci Editore, Roma 1998.
- Cascella D., Scultori di suono. Percorsi nella sperimentazione musicale contemporanea,Tuttle Edizioni, Rimini 2005.
- Damasio A., Emozioni e coscienza, Adelphi, Milano 2000.
- Damasio A., L’errore di Cartesio, Adelphi, Milano: 1994.
- Kennedy J., Drawing and the Blind, Yale University Press, New Haven-London: 1993.
- Longo, G. O., Dal Golem a Godel e ritorno, Macchine e automi, Laboratorio Interdisciplinare dell’Immaginario scientifico, Cuen, Napoli 1995
- Luongo, G., Perrotta A. e Scarpati C. 2001. “L’impatto dei prodotti di eruzioni esplosive sull’ambiente: l’eruzione del 79 d.C. a Pompei”, in La casa di Giulio Polibio. Studi Interdisciplinari, Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Edizione: Centro Studi Arte Figurative, Università di Tokyo, pp. 215-238.
- Meulders M., Helmholtz. Dal secolo dei lumi alle neuroscienze, Bollati Boringhieri, Torino: 2005.
- Murray Schaeffer, R. Il paesaggio sonoro, ed. Casa Ricordi, Milano1998
- Neuhaus M., “Sound Art”, in Id. Bed of Sound, New York 2000